La figlia del Re by Anton Giulio Barrili

La figlia del Re by Anton Giulio Barrili

autore:Anton Giulio Barrili [Barrili, Anton Giulio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9781142724955
Amazon: 1142724956
editore: Aurora Boreale
pubblicato: 2010-01-05T00:00:00+00:00


CAPITOLO XII

I tributi augurali alle acque di Roma avevano poca efficacia, o forse era da credere che dovessero operare a lungo termine. Per tutto quell’anno, a buon conto, il signor Demetrio non si mosse più dal suo Mercurano. Un assiduo carteggio lo teneva per altro in relazioni costanti con Roma. La sua Fulvia gli scriveva spessissimo, e le lettere di quella cara figliuola, oltre all’essere più ricche di notizie, erano più affettuose che mai. Era madre, la Contessa Fulvia, e la maternità rende le donne espansive, tenere, immaginose, eloquenti. S’intende che tutte le notizie della Contessa si aggiravano intorno ad un tema; non risguardavano che il suo Lamberto, un amore di bambino, che cresceva ogni giorno in bellezza, e mostrava poi un giudizio, un giudizio di gran lunga superiore all’età. — Sì, sì, — diceva il signor Demetrio, interrompendo la lettura, per far le sue chiose, — un giudizio da dar dei punti al suo babbo. —

Ma sì, fuori di celia, quel piccolo Lamberto sarebbe diventato un portento. A sei mesi d’età bisognava sentirlo: diceva già «ba ba, ma ma»; a otto spiccava già «bombo» e «nene», appropriando quelle due voci alle cose, secondo che volesse il bicchiere dello sciroppo rosato, o la poppa. Logico precoce, quando era sazio del «nene», batteva con le sue manine il seno della balia, ridendo della propria valentia; quando lo portavano in camera da letto per metterlo nella cuna, strepitava come un ossesso, sparava calci come un puledro imbizzarrito. In istrada segnava a dito i cani, gridando «tette, fa bu bu» e non aveva pace finché non gli dessero retta in due, la mamma e la balia, dicendo «fa bu bu», come lui. Se poi vedeva qualche prete, apriti cielo! Saltava, agitava le braccia e gridava: «Pete, fa don don», intendendo che quello era un uomo da chiesa, di quelli che facevano suonar le campane. Miracoli, insomma; quel caro tombolino era la consolazione di mamma sua.

Ma perché mamma sua non se ne Contentava? Perché stava per dargli compagnia? Ahimè, non era lei; era il destino, era la provvidenza. Questi due arcani poteri entrano da per tutto, si sa, e sono essi che mandano i fratellini e le sorelline ai piccoli Lamberti, per toglier loro una metà delle dolci carezze materne.

— Di bene in meglio, e sempre avanti Savoia! — aveva gridato il signor Demetrio, leggendo la lettera in cui la Contessa Fulvia gli dava notizia del nuovo suo stato fisiologico. — Il mio signor genero non entra nel consiglio d’amministrazione della «Nuova Esperia»; ma lavora alacremente a moltiplicare le speranze della patria. Ed anche le bocche, pur troppo! —

Ma era Contento, nel fondo. La notizia della figliuola indicava che laggiù a Roma, tra quei due felici del Macao, durava la buona armonia dei primi tempi. Quell’accenno dei chiacchieroni di piazza alla bionda puppattola, sgretolatrice di principi, di duchi e di conti, era stato un falso allarme; sicuramente in quel ripesco non c’entrava punto il suo amatissimo genero.

Gli amici dei tarocchi non chiedevano più quando la Contessa Fulvia sarebbe tornata a Mercurano.



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